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SEZIONE OPERA - Autore: Pergolesi Giovanni Battista su libretto di Pietro Metastasio
 
Adriano in Siria
 
Personaggi

Adriano, imperatore (S)
Sabina, nobile romana (S)
Osroa, re dei Parti (T)
Emirena, sua figlia (S)
Farnaspe, principe assiro (S)
Aquilio, tribuno (S)

Adriano in Siria , il terzo dei quattro drammi per musica composti da Pergolesi, venne allestito per il compleanno della regina Elisabetta Farnese, madre dell’Infante Don Carlo di Spagna, da pochi mesi monarca del Regno di Napoli; tra gli atti del dramma venne rappresentato l’intermezzo in due parti Livietta e Tracollo , immediatamente apprezzato più del dramma stesso, analogamente a quanto era avvenuto l’anno prima con La serva padrona , intermezzo dell’opera Il prigionier superbo.
L’accoglienza piuttosto tiepida da parte della corte e, quindi, del pubblico è attribuita da alcuni studiosi a motivi politici (i rapporti del compositore con ambienti tradizionalmente filoasburgici): il risalto dato, alla fine dell’opera, al nobile gesto di tolleranza compiuto da Adriano nei riguardi del nemico venne ritenuto inopportuno in un regime assolutistico come quello attuato da Carlo III di Borbone. Benché Pergolesi abbia musicato l’ Adriano solo due anni dopo la stesura del testo metastasiano (la prima esecuzione era avvenuta a Vienna nel 1732 con musica di Antonio Caldara, per l’onomastico di Carlo VI d’Asburgo), numerose sono le modifiche apportate al libretto: le ventisette arie del dramma vennero ridotte a venti; due arie del terzo atto vennero sostituite con il duetto di Farnaspe ed Emirena; inoltre, la metà circa delle arie e dei brani d’insieme utilizzano testi sostitutivi (in particolare, nessuna delle tre arie destinate a Farnaspe ha il testo originario); altre modifiche, soprattutto tagli, riguardano i recitativi.

Atto primo In Antiochia si celebra l’imperatore romano Adriano, vincitore su Osroa. Adriano è legato a Sabina, ma ama segretamente Emirena. Farnaspe chiede la liberazione di Emirena, dichiarando di amarla; Adriano acconsente, lasciando tuttavia trasparire i suoi veri intendimenti. Aquilio, che ama Sabina, incoraggia i sentimenti di Adriano per Emirena e tenta con l’inganno di dividere quest’ultima da Farnaspe.
Adriano dichiara il suo amore a Emirena, ma giunge inaspettata Sabina; Emirena viene allontanata. Nella notte il palazzo imperiale viene incendiato dai soldati di Osroa per vendicare la sconfitta; Farnaspe, ingiustamente accusato di aver appiccato l’incendio, si getta tra le fiamme per salvare l’amata: i due giovani, chiariti gli equivoci, si riconciliano.

Atto secondo Emirena confida il suo amore per Farnaspe a Sabina, che li aiuta a fuggire. Durante la fuga incontrano Osroa che, travestito da romano, dice di aver ucciso Adriano; quest’ultimo però sopraggiunge, e accusa Farnaspe del tentato regicidio. Emirena, non riconoscendo il padre, lo accusa per salvare l’amato; Adriano, furioso, li fa imprigionare tutti e tre.

Atto terzo Aquilio persuade Adriano a restituire il trono a Osroa in cambio della mano di Emirena. La proposta non convince Osroa che, anzi, chiede alla figlia di odiare Adriano; Farnaspe invece implora Emirena di offrirsi all’imperatore, per salvare il padre e la patria.
L’inganno di Aquilio viene infine scoperto e Adriano, commosso dalla nobiltà d’animo di Sabina, che si dichiara disposta a rinunciare al suo amore in favore di Emirena, restituisce regno e libertà a Osroa, acconsente alle nozze tra Farnaspe ed Emirena, perdona Aquilio e promette di sposare Sabina.

L’opera si apre con una sinfonia tripartita, sulle cui note fa il suo ingresso Adriano, portato in trionfo da soldati, guardie e popolo; un breve recitativo tra Aquilio e Adriano è inserito nella terza sezione della sinfonia.
L’impianto generale dell’opera denota un’equa distribuzione delle arie tra le parti (tre o quattro per ciascun personaggio), anche se il ruolo di maggior rilievo è indubbiamente quello di Farnaspe, interpretato dal famoso castrato Gaetano Majorano detto Caffarelli.
L’ingaggio di questo celebre artista fu sicuramente un fattore condizionante nella stesura della partitura: la parte di Farnaspe venne composta da Pergolesi con particolare attenzione alle sue straordinarie doti espressive e virtuosistiche (l’aria di sortita “Sul mio cor so ben qual sia” è caratterizzata da lunghe colorature e da improvvisi salti di registro; nell’aria di portamento “Lieto così tal volta”, che conclude il primo atto, la linea vocale intreccia un suggestivo dialogo con l’oboe; un’impegnativa aria ‘di tempesta’, “Torbido in volto e nero”, con colorature, picchettati e con un interessante impiego dell’orchestra in funzione di eco, chiude il secondo atto; con un delicato duetto tra Farnaspe ed Emirena, “L’estremo pegno almeno”, termina la settima scena del terzo atto). Connotato musicalmente da una vocalità sempre delicata e cantabile è, al contrario, il personaggio di Emirena, mentre espressivamente più mutevole è Sabina che, dopo l’aria di portamento del primo atto “Chi soffre senza pianto”, dimostra sentimenti di fermezza e nobiltà di carattere, che si manifestano specialmente nella seconda delle due arie del secondo atto, “Splenda per voi sereno”. Scarso rilievo assume la figura del protagonista, Adriano, inferiore persino a Osroa, che si impone viceversa fin dall’inizio con una possente aria ‘di tempesta’, “Sprezza il furor del vento”. Nel giugno 1985 l’ Adriano in Siria è stato messo in scena, sulla base dell’edizione critica curata da Dale E. Monson, con l’intermezzo Livietta e Tracollo ; la rappresentazione, volta alla ricreazione filologica della ‘prima’ napoletana del 1734, ha avuto luogo al Teatro della Pergola di Firenze, nell’ambito delle manifestazioni del Maggio musicale (direttore Marcello Panni, regia di Roberto De Simone).