Opera Lirica
 
 
 
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Dizionario dell'Opera - ED. Baldini & Castoldi
   UNDINE
  di Lortzing Albert  su libretto di Lortzing Albert
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Personaggi:

Berthalda, figlia del duca Heinrich (S); Hugo von Ringstetten, cavaliere (T); Kühleborn, potente principe delle acque (Bar); Tobias, vecchio pescatore (B); Bertha, sua moglie (A); Undine, loro figlia adottiva (S); padre Heilmann, chierico regolare del convento di Maria-Gruß (B); Veit, scudiero di Hugo (T); Hans, cantiniere (B); un cortigiano (rec); nobili, cavalieri, dame, araldi, paggi, seguito di caccia, scudieri, pescatori, contadini, apparizioni fantomatiche, spiriti dell’acqua

Alla comparsa della Undine di Lortzing sulle scene tedesche, molti critici si mostrarono diffidenti nei confronti di questo inconsueto approccio di un autore di vena comica con un soggetto lirico-fiabesco; dal canto suo Lortzing ritenne sempre di aver raggiunto proprio con Undine uno dei suoi esiti più felici. Abituato a redigere personalmente i propri libretti, il compositore modificò con sagacia l’originale di La Motte-Fouqué, senza banalizzarlo, ma nello stesso tempo immettendovi alcune connotazioni – tra l’idillico e il borghese – che giudicava più confacenti al proprio estro.

Atto primo
Il cavaliere Hugo decide di sposare Undine, incantevole figlia adottiva di una coppia di pescatori che l’hanno ospitato per qualche giorno. Veit, lo scudiero chiacchierone di Hugo, dice a Kühleborn, spirito delle acque e zio di Undine, che il cavaliere vuole prendersi con Undine solo un diversivo, essendo già fidanzato con Berthalda.

Atto secondo
Undine rivela a Hugo la sua natura ultraterrena; dal canto suo Kühleborn le ricorda con apprensione che, pur avendo acquisito un’anima mortale come gli uomini, Undine resta una nixa e in quanto tale è soggetta alle leggi dell’universo marino, che punisce con la morte gli infedeli. Irritato per il disprezzo con cui Berthalda tratta la rivale, credendola di umili origini, Kühleborn rivela durante una festa che Berthalda stessa è la bambina che venne rapita ai due pescatori.

Atto terzo
Hugo si riaccosta a Berthalda, convinto che Undine l’abbia ammaliato con poteri occulti. La povera Undine, respinta dallo sposo con dispetto, si precipita tra i flutti. Si preparano le nozze di Hugo con Berthalda; un po’ alticci, i servi scoperchiano una fontana che comunica con il fiume, dalla quale subito si leva l’immagine di Undine; vedendosela comparire davanti alla festa di nozze, Hugo le si getta ai piedi; mentre le acque sommergono il castello, la coppia sparisce. Nel regno sotterraneo degli spiriti marini: Kühleborn concede il suo perdono a Hugo, che resterà per sempre con Undine negli abissi ultraterreni.

Le inflessioni Biedermeier della versione redatta da Lortzing sono evidenti: nel primo atto la capanna sembra inserita in un locus amoenus da idillio campestre, il quadro finale sembra ricavato da una pittura fiabesca alla Moritz von Schwind, e il personaggio di Kühleborn ha tutti i crismi del paternalismo affettuoso e un po’ invadente tipico della narrativa popolare del primo Ottocento. Salta all’occhio soprattutto il fatto che il bizzarro zio di Undine abbia deciso di far crescere la nipotina sulla terraferma, per vedere se veramente una creatura diventa migliore acquisendo un’anima, con sano senso pratico; la scena in cui Kühleborn rivela a Berthalda le sue vere origini è a sua volta un piccolo capolavoro di ripicca borghese. L’elemento sovrannaturale si spoglia di ogni coloritura inquietante e diventa un imprevisto capriccioso, pilotato da un genio acquatico di imprevedibile scontrosità; un ulteriore avvicinamento alla realtà quotidiana è rappresentato dai commenti (spesso funzionali alla spiegazione della vicenda) dei due buffi compari Veit e Hans, introdotti da Lortzing. Le esigenze drammatiche inducono il compositore ad assegnare alla parte di Hugo un’aria in perfetto stile italiano (“Hinweg! Dein dräuend Angesicht”), mentre a Undine spetta un monologo espanso in cui recitativo e aria sembrano fondersi in un corpo unico, alla maniera delle scene di Spohr o di Weber, la cui formulazione tende a esorbitare dai limiti consueti del pezzo chiuso.
Questa fusione recettiva di influssi italo-tedeschi da parte di Lortzing non è certo prerogativa della sola Undine ; ma in questo caso l’attenzione si rivolge anche all’opera seria, coniugandone gli stilemi in maniera originale con quelli connaturati al cliché buffo. L’iniziale indifferenza con cui il pubblico accolse il lavoro fiabesco di Lortzing derivò essenzialmente dall’etichetta pregiudiziale, secondo cui il musicista veniva stimato esclusivamente come talento comico; ma il trascorrere del tempo e una riflessione più obiettiva finirono per rendere giustizia anche a questo lavoro che, pur nella sua anomalia, resta uno dei vertici nella produzione dell’autore.
 
   
       
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