Opera Lirica
 
 
 
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Dizionario dell'Opera - ED. Baldini & Castoldi
   ANACRÉON
  di Cherubini Luigi  su libretto di C.R. Mendouze
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Personaggi

Anacréon (T); Corine (S); Vénus (S); l’Amour (S); Bathille, amico di Anacréon (T); Glycère, sua amata (S); Athanaïs, amica di Corine (S); due schiave (S, A); danzatori e danzatrici, schiavi e schiave

Dopo un decennio di trionfi continui nell’agone dell’ opéra-comique ( Lodoïska , Médée , Les deux journées ) il ritorno di Cherubini nel campo concorrenziale dell’Opéra, con Anacréon e dopo quindici anni di assenza, fu un fiasco completo; non si andò oltre la settima rappresentazione, e non solo per ragioni contingenti.
Il soggetto era completamente alieno da quei temi di impegno e tensione morale che caratterizzavano il teatro repubblicano dell’epoca e che, rappresentando le eroiche virtù dell’amor patrio e della responsabilità individuale, andavano mietendo successi; il tempo dell’ Anacréon chez Polycrate di Grétry, messo in scena solo pochi anni prima, era già lontano. Ma Cherubini inseguiva probabilmente un fantasma personale: la figura dell’antico poeta lo aveva già spinto a mettere in musica due sue odi, in una raccolta a stampa pubblicata dal filologo Jean-Baptiste Gail, insieme ad altre liriche intonate da Méhul.
Il passaggio però dalla poesia delle odi Lo straniero e La colomba al palcoscenico dell’Opéra (ribattezzata allora Théâtre de la République) fu fatale all’immagine di Anacreonte presso i contemporanei; la rappresentazione di questo eroe decadente, simbolo malinconico del rimpianto del tempo passato, del trascorrere della vita tra piaceri veementi eppure effimeri, apparve a qualcuno come il ritratto d’«un vieux débauché déguisé en héros d’opéra».

Atto primo
Nel cuore della giovane etèra Corine si agita una violenta passione per il celebre poeta Anacréon. Mentre si prepara una festa per il cinquantesimo compleanno del glorioso personaggio, la ragazza prega il dio Amore perché il suo affetto venga corrisposto. Non sa che in realtà Anacréon è già innamorato di lei, ma crede la differenza di età un ostacolo troppo grande.
Nel segno dell’amore si danza e si canta, quando scoppia improvvisamente un temporale, durante il quale un piccolo ospite si presenta fradicio alla porta di Anacréon: senza che il padrone di casa possa sospettarlo, si tratta di Amore, dio bambino irrequieto, volitivo e indisciplinato che ha eluso il controllo della madre Venere. Prima che l’infuriare della tempesta provochi una fuga generale, il nuovo arrivato riesce a esercitare il suo fascino su tutti i presenti.

Atto secondo
Amore dapprima commuove Anacréon con il racconto della sua infanzia infelice, quindi, con un comportamento irriverente e malizioso, imprime alla vita di tutti i personaggi un ritmo sino ad allora sconosciuto, riaccendendo la passione dei due infelici innamorati, così come quella di Glycère e Bathille.
Ma, mentre si sta svolgendo una seconda festa, giunge un messaggio di Venere che avverte della fuga del figlio e promette a chi lo catturi una ricompensa straordinaria: l’esaudimento di ogni desiderio. Non occorre molto ai convitati per individuare l’ospite in incognito, che viene prontamente immobilizzato e impacchettato per l’arrivo della madre. Ma, si sa, i lamenti d’Amore sono sempre commoventi, e presto il piccolo impostore viene restituito alla libertà.
Non per molto, tuttavia, perché il suo comportamento insolente gli frutta una nuova cattura; questa volta viene legato alla beneaugurante statua della Sapienza. Venere sarà ben lieta di esaudire il duplice desiderio di Anacréon: che ciò che gli rimane da vivere sia dedicato al culto della bellezza, e che Corine ricambi l’amore del vecchio poeta.

Interamente musicata (senza cioè i dialoghi parlati tipici dell’ opéra-comique ), Anacréon si distingue per un chiaro debito verso il sinfonismo viennese. Da Haydn, ma soprattutto da Mozart (del quale Cherubini aveva da poco organizzato l’esecuzione del Requiem al Conservatorio di Parigi) il compositore mutua quel libero gioco con le forme musicali che consiste nella elaborazione di temi concepiti anzitutto per gli strumenti: l’orchestra diventa, ben aldilà di ogni sua precedente esperienza, protagonista prima della partitura.
I maggiori pregi dell’opera vanno ricercati nella trama delle sofisticate introduzioni orchestrali, di grande densità espressiva (come avviene per l’ingresso in scena di Anacréon, preceduto dal timbro inconfondibile dell’arpa, a simboleggiare la lira del poeta); nei numerosi brani puramente strumentali, come il temporale, l’ouverture e l’esemplificazione dei quattro generi di danza, colti ora attraverso il delicato gioco degli archi, ora tramite la contrastante sezione riservata ai fiati; negli incisi tematici che circolano numerosi tra i recitativi; nell’alternarsi incalzante di atteggiamenti e sentimenti estremamente diversificati all’interno della stessa scena; nella bellezza dell’invenzione melodica, da taluni accostata a quella delle composizioni cameristiche brahmsiane.
In Anacréon la linea melodica si presenta generalmente in sé conclusa, circolare, nobile e composta, ma anche malinconicamente ripiegata su se stessa: persino quando Corine, nell’atto primo, intona la canzone-rondò “Jeunes filles aux regard doux” che l’anziano innamorato le ha dedicato, il cui testo invita le donne ai piaceri dell’amore, è chiaramente avvertibile una vena di inquietudine; oppure si considerino la forza evocativa del canto di Anacréon “Je n’ai besoin pour embellir ma vie” (I,4), l’accorata dichiarazione di Corine “Tout mon coeur est à toi” (II,3), la natura dissimulante e ambigua degli interventi di Amore nell’atto secondo (ad esempio l’aria “Mon père est vieux”).
In particolare è la celebre ouverture (Introduzione) a dover essere considerata una pagina sinfonica autonoma, fortemente caratterizzata e di primissimo piano: in un solo tempo, Allegro preceduto da un Largo assai introduttivo, è strutturata secondo principi indipendenti dalla canonica forma-sonata.
I suoi tre temi contrastanti (che alternano solennità, quieta serenità e gioia sfrenata) vengono esposti tutti nel re maggiore di impianto. Il secondo tema, in particolare, riceve un rilievo straordinario, innestato su un climax di vigore beethoveniano, trattenuto ‘sulla scena’ per più di cinquanta battute nella sonorità di un irreale ‘pianissimo’ e ripreso in seguito anche durante l’opera (nell’episodio del temporale); né gli altri due temi sono da meno, come dimostra la loro dotta combinazione in contrappunto doppio o l’utilizzo del terzo tema per vivacizzare la seconda scena del primo atto. L’ouverture non mancò di venir notata da Berlioz e da Weber, che la definì ‘Champagnerleben’, una festa del movimento, «scintillante e piena di splendido fuoco».
L’opera ha conosciuto nuova vitalità negli ultimi decenni: nel 1973 è stata eseguita a Torino dall’orchestra Rai, mentre nel 1983 si è avuta alla Scala la prima rappresentazione moderna (direttore Gianandrea Gavazzeni).
 
   
       
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