Opera Lirica
 
 
 
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Dizionario dell'Opera - ED. Baldini & Castoldi
   COMBATTIMENTO DI TANCREDI E CLORINDA
  di Monteverdi Claudio  su libretto di Torquato Tasso
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Personaggi

il Testo (T), Tancredi (T), Clorinda (S)

Il Combattimento di Tancredi e Clorinda è incluso nella raccolta ‘Madrigali guerrieri et amorosi con alcuni opuscoli in genere rappresentativo che saranno per brevi Episodij fra i canti senza gesto.
Libro ottavo’, pubblicata a Venezia nel 1638. La rappresentazione musicale delle opposte passioni dell’animo umano, perseguita da Monteverdi in tutte le sue opere, giunge a compimento in queste composizioni, secondo un programma dichiarato sia nel titolo, sia nella prefazione compilata dallo stesso compositore. Dopo aver accertato che tre sono le principali passioni dell’animo (Ira, Temperanza e Umiltà), che tre sono i generi musicali per esprimerle (concitato, temperato e molle), e che non «havendo in tutte le compositioni de’ passati compositori potuto ritrovare esempio del concitato genere, ma bensì del molle et temperato (...) et sapendo che gli contrarij sono quelli che movono grandemente l’animo nostro (...), perciò mi posi con non poco mio studio et fatica per ritrovarlo». Riferendosi all’impiego espressivo che anticamente si faceva dei modi ritmici, per cui una serie di note ribattute velocemente si adattavano alle «saltationi belliche, concitate», mentre le note lunghe, tenute, in tempo lento si confacevano al loro contrario, Monteverdi utilizza il tremolo degli archi unitamente a rapide figurazioni ritmiche per dar voce all’«oratione contenente ira et sdegno». Come testo di prova ideale sceglie la descrizione del combattimento di Tancredi con Clorinda dalla Gerusalemme liberata di Tasso «per haver io le due passioni contrarie da mettere in canto: Guerra cioè preghiera et morte».

La prima esecuzione del Combattimento in casa Mocenigo avvenne in forma rappresentativa, con una messa in scena minuziosamente descritta nell’avvertimento che precede il brano: «volendosi esser fatto in genere rappresentativo, si farà entrare alla sprovista (dopo cantatosi alcuni Madrigali senza gesto), dalla parte de la Camera in cui si farà la Musica, Clorinda a piedi armata, seguita da Tancredi armato sopra ad un Cavallo Mariano; et il Testo all’hora comincierà il Canto. Faranno gli passi et gesti nel modo che l’oratione esprime, et nulla di più né meno, osservando questi diligentemente gli tempi, colpi et passi, et gli istrumentisti gli suoni incitati e molli».

L’organico strumentale è costituito da due violini, una viola da braccio e dal basso continuo, che introduce il recitativo del Testo («Tancredi che Clorinda un homo stima/ vol ne l’armi provarla al paragone»). Quindi una breve figurazione degli archi descrive il vagare di Clorinda fino all’improvviso stacco del ‘Motto del cavallo’, che accompagna onomatopeicamente, con un ritmo sempre più serrato, il sopraggiungere di Tancredi sul suo destriero; un crescendo di tensione testuale e musicale culmina nel grido declamato di Clorinda «O Tu che porte correndo si?».
L’atmosfera è carica di tensione e una calma innaturale prelude alla battaglia. Un ‘Passeggio’ strumentale, preceduto da una sinfonia, introduce e interrompe la splendida invocazione alla notte, affidata al Testo col solo sostegno del basso continuo. Con dinamica piano in crescendo inizia la lunga descrizione del combattimento: dapprima frammenti di frase («non schivar», «non parar»), poi la declamazione del Testo in contrattempo; quindi figurazioni ritmiche sempre più delineate («odi le spade orribilmente urtarsi»), rapide scale ascendenti e discendenti e infine il tremolo degli archi («l’onta irrita lo sdegno alla vendetta»), portato da Monteverdi al massimo grado di tensione fino al punto di rottura («Qui si lascia l’arco, e si strappano le corde con duoi diti»), che corrisponde esattamente al momento in cui i duellanti lasciano di tirare di spada e «dansi con pomi e infeloniti e crudi/ Cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi». Dopo l’accanimento della battaglia, una pausa. Gli archi tacciono: è l’alba. Il commento del testo si appoggia sul solo basso continuo, che accompagna anche il successivo dialogo tra Tancredi e Clorinda. Tancredi chiede allo sconosciuto cavaliere di rivelare il suo nome; Clorinda nega la sua identità e, anzi, irrita maggiormente Tancredi. La lotta riprende improvvisa e violentissima («Torna l’ira nei cori e li trasporta»), così come improvviso è il mutamento espressivo – testuale e musicale – in corrispondenza dei versi «Ma ecco homai l’hora fatal è giunta/ ch’el viver di Clorinda al suo fin deve».

La narrazione del Testo si distende sugli accordi del basso continuo. Clorinda viene ferita a morte. Tornano gli archi con accordi tenuti, alternati a pause nel momento in cui Clorinda si dichiara vinta; l’articolazione della linea vocale si frantuma. Riprende la declamazione del Testo («In queste voci languide»), emotivamente partecipe della tragedia che si sta compiendo: il riconoscimento di Clorinda da parte di Tancredi. Gli archi si risentono solo alla fine, sulle ultime parole pronunciate da Clorinda «S’apre il ciel io vado in pace», con una conclusiva prescrizione esecutiva di Monteverdi: «quest’ultima nota va in arcata morendo».
 
   
       
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