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  Pergolesi Giovanni Battista
   
  1710 - 1736
   
   
Il padre, F. A. Draghi, assunse il cognome Pergolesi in quanto discendente da una famiglia di Pergola, piccolo paese marchigiano, trasferitasi poi a Jesi. Sorvegliante della milizia locale, con varie mansioni tra cui quella di amministrare la proprietà della Compagnia del Buon Gesù, godette di una posizione di certo rilievo che gli permise buoni contatti con le personalità locali.
Il piccolo Giovanni Battista, infatti, avrebbe ricevuto i primi elementi di musica da due sacerdoti e da un marchese del luogo prima di passare alla scuola del maestro di cappella comunale, F. Mondini, e di quello del duomo, F. Santi. Così almeno risulta da testimonianze tardo-settecentesche, perché mancano documenti diretti sui primi anni di vita del compositore.
La tradizione, tuttavia, lo presenta come fanciullo prodigio, ed è probabile fosse elemento promettente se il padre, con l'appoggio finanziario del marchese Cardolo Maria Pianetti, lo mandò a studiare a Napoli. Come convittore a pagamento, venne ammesso prima del 1725 al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo dove continuò lo studio del violino con D. de Matteis e iniziò «contrappunto e suono di tasti» con G. Greco passando poi, nel 1728, sotto la guida di Francesco Durante.
Al Conservatorio Pergolesi si segnalò come valente violinista, tanto che nei registri del 1729 -1730 compare quale «capo-paranza», ossia incaricato di guidare un piccolo gruppo di strumentisti (la « paranza» appunto) alle manifestazioni cittadine (funerali, messe, feste pubbliche o private) che vedevano numerosa la partecipazione dei giovani allievi dei Conservatori.
Non vi sono documenti che attestino con certezza la data delle sue dimissioni dall'Istituto: probabilmente vi rimase fino al 1731, anno a cui risalgono le sue prime prove per così dire ufficiali:
LA FENICE SUL ROGO, OVVERO LA MORTE DI S. GIUSEPPE, oratorio in 2 parti, eseguito presumibilmente nel 1731, LI PRODIGII DELLA DIVINA GRAZIA NELLA CONVERSIONE DI S. GUGLIELMO DUCA D'AQUITANIA, dramma vi sacro considerato il suo « saggio» finale, la MESSA IN RE MAGGIORE per cui lo stesso Leo ebbe parole di elogio, SALUSTIA, prima opera seria, adattamento dell'Alessandro Severo di Zeno, con cui Pergolesi esordì al Teatro di S. Bartolomeo. L'anno successivo il padre moriva a Jesi, lasciandogli soltanto una piccola parte della dote della madre già scomparsa nel 1727.
Pergolesi, già considerato musicista di prestigio, venne assunto come maestro di cappella del principe di Stigliano Colonna, uno degli Eletti della municipalità napoletana e tra i nobili più in vista Nel settembre dello stesso anno continuò il suo iter teatrale componendo per il Teatro dei Fiorentini la «commedja pe' mmuseca» LO FRATE 'NNAMURATO, su libretto di G. A. Federico; la prima versione è corredata da un intermezzo senza titolo (di cui però non rimangono le musiche) su testi presumibilmente dello stesso Federico. L'opera ottenne un notevole successo, poi replicato sulle scene del S. Bartolomeo, dove il 28 agosto 1733 fu rappresentata.
IL PRIGIONIER SUPERBO, su libretto anonimo, con l'intermezzo in 2 parti LA SERVA PADRONA, su testi di Federico. Sostenuto dal principe di Stigliano, venne proposto come sostituto del maestro di cappella della Città di Napoli, Domenico Sarro, e, con un documento del 23 novembre 1734, sottoscritto dagli Eletti, venne confermato non solo supplente, ma anche eventuale successore di Sarro. Tuttavia, quest'ultimo rimase titolare della carica: solo più tardi, nel 1735, Pergolesi ricevette un posto ufficiale nella cappella regia, quale organista soprannumerario. Nell'aprile 1734, diresse nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina l'esecuzione della MESSA IN FA MAGGIORE (già redatta a Napoli nel 1732), patrocinata dai duchi di Maddaloni in onore di S. Giovanni Nepomuceno.
Rientrato dalla capitale, Pergolesi lasciò definitivamente la carica tenuta presso il principe di Stigliano, e venne assunto al servizio della Casa Maddaloni.
Al duca, amatore del violoncello, e destinatario dei concerti di Leo per questo strumento, venne presumibilmente dedicata una delle opere strumentali attribuite a Pergolesi: la SONATA IN FA MAGGIORE per violoncello e continuo.
Di li a poco, Pergolesi di nuovo compose per il teatro: il 25 ottobre 1734 si rappresentò al S. Bartolomeo ADRIANO IN SIRIA, rimaneggiamento anonimo del libretto metastasiano, con gli intermezzi LIVIETTA E TRACOLLO, scritti forse da T. Mariani e diffusi dopo la morte di Pergolesi anche con differenti titoli: LA CONTADINA ASTUTA (Venezia, 1744), IL TRACOLLO (Bologna, 1746), LA FINTA POLACCA (Roma, 1748) creando come nel primo caso problemi di falsa attribuzione. Intanto, conseguentemente al successo goduto dalla Messa, venne commissionata a Pergolesi dal Teatro Tor di Nona di Roma un nuovo lavoro: nasce così l' OLIMPIADE, su libretto di Metastasio, rappr. l'8 gennaio 1735. L'opera non ottenne il favore del pubblico anzi, stando alle testimonianze di Grétry, Pergolesi venne personalmente attaccato e offeso durante lo spettacolo.
Conclusosi quindi negativamente il suo secondo e ultimo viaggio, Pergolesi tornò a Napoli, dove prese possesso della carica di organista soprannumerario della cappella regia: forse per essa, compose l'ultimo dei suoi due SALVE REGINA, in do minore.
Per il Teatro Nuovo, invece, terminò il FLAMINIO ancora su testo di Federico, dato con successo nell'autunno del 1735. Dalla «Confraternita di San Luigi di Palazzo sotto il titolo della Vergine dei dolori» gli venne commissionato lo STABAT MATER che iniziato a Napoli, fu portato a termine nel Monastero dei Padri Cappuccini a Pozzuoli; qui, con la protezione del duca di Maddaloni, discendente dei fondatori del convento, in una atmosfera benevola in cui si può pensare sia nato lo «Scherzo del Pergolesi con i Cappuccini di Pozzuoli», VENERABILIS BARBA CAPPUCCIORUM per Tenore e basso, l'ancora giovane musicista tentò di riprendersi dalla malattia polmonare che già dai primi anni lo aveva colpito: ma la tisi lo condusse alla morte appena ventiseienne.
Una fine così prematura favorì l'aura di leggenda che si costruì intorno alla vita di Pergolesi, una delle figure più note in Europa soprattutto dopo le rappresentazioni postume parigine de LA SERVA PADRONA e la fortuna dello STABAT MATER: successo a cui si deve, tra l'altro, la redazione di numerosi falsi pergolesiani che non hanno favorito i musicologi nelle loro ricerche sull'opera del musicista. Solo nell'ultimo periodo per merito fra gli altri di Walker, Cudworrth, Claydon, Degrada, si è giunti a un certo ordine in questo campo di indagini: tuttavia ancora manca una redazione sistematica del *corpus pergolesiano* esistente e conosciuto che sostituisca gli ormai insufficienti Opera omnia editi tra il 1936 e il 1941 da F. Caffarelli che raccoglie opere sicuramente apocrife e che adotta per i testi il criterio oggi assolutamente inaccettabile della riduzione per canto e pianoforte.
 
       
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