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La mancanza di un conservatorio ha radici antiche

 

Fabio Sartorelli a Varese ( e non solo) è sinonimo di musica di qualità. È diplomato in pianoforte al Conservatorio di Milano e laureato in musicologia.
Dal 1998 organizza la Stagione Musicale promossa dall’assessorato alla Cultura del Comune di Varese, che conta fra i suoi ospiti i più bei nomi del concertismo internazionale. Scrive per il mensile «Musica».
Dal 1991 insegna Storia della Musica all’Istituto Musicale pareggiato «G. Puccini» di Gallarate nonché alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano e ai corsi dell’Accademia dello stesso Teatro alla Scala.
E’ stato chiamato a condirigere la storica Società del Quartetto di Milano nel 140° anniversario di attività. È docente del Master in Management per lo spettacolo promosso dall’Università Bocconi.

Il ricordo di Antonio Ghiringhelli poteva comportare un momento di musica lirica, ma il concerto per gli altri incontri, due dedicati a insigni storici e il terzo a uno scrittore per l’infanzia , che cosa vuole essere? «L’anno in corso è contrassegnato da tre importanti ricorrenze: Mozart (di cui ricorre il 250° anniversario della nascita), Schumann (150° della morte) e Sostakovich (100° della nascita). Mozart, ovviamente, ha catalizzato l’attenzione di tutti ma ci sembrava giusto non dimenticare gli altri due grandissimi compositori.
Così queste giornate dedicate alla memoria di illustri personalità “varesine” ci sono sembrate una buona occasione per ricordarci anche di loro… L’ultimo appuntamento, quello dedicato a Rodari, è a se stante. Rodari era un artista e sarà presentato attraverso la sua opera. Racconteremo quindi alcune sue storie con sottofondo musicale…»

L’iniziativa è stata accolta con molto favore. In quali altri campi o situazioni potrebbe essere replicata con pari successo?

«L’iniziativa si deve al Presidente Fontana. Era da tempo che sognava di metterla in pista e noi l’abbiamo realizzata. E’ stato uno sforzo comune che ha visto impegnati molti attori: il Consiglio Regionale, la Provincia, il Comune di Varese e naturalmente il FAI che si è molto speso per la parte organizzativa. Il successo però non è determinato soltanto dalla formula ma dalla qualità dell’offerta. Questo è un punto, a mio modo di vedere, irrinunciabile. E’ su questa base (e solo su questa) che l’idea potrebbe essere replicata anche in altre situazioni con pari successo».

Villa Panza è cornice eccezionale anche per la musica: lo ha detto Stella Ghiringhelli Spinelli. E ha spazi all’aperto. La città si apre forse troppo lentamente a questa istituzione. «Molte persone intervenute all’iniziativa non erano mai state a Villa Panza e ciò è a mio modo di vedere inspiegabile.
Uno degli obiettivi del Presidente Fontana e del dott. Magnifico era quello di far conoscere e apprezzare Villa Panza anche ai varesini più pigri. Credo che anche questo obiettivo sia stato centrato…»

Dire che Varese è città della musica è impossibile: è vero gli appassionati sono numerosissimi, mancano però le strutture. Intanto le è stato negato il conservatorio e, visti da lontano, i problemi del liceo musicale non sembra abbiano avuto la precedenza. Oggi che cosa si potrebbe realisticamente chiedere all’istituzione civica?

«Varese non ha il conservatorio. E questo è un dato di fatto. Il Liceo Musicale, pur con tutta la buona volontà di chi ci lavora, non ha oggi alcun riconoscimento giuridico, e questo è un problema non da poco.
Questo riconoscimento ce l’ha invece Gallarate con l’Istituto Puccini (pareggiato ai Conservatori) o Bergamo, mentre Milano, Como, Brescia, tanto per non andare troppo lontano, hanno il conservatorio.
La mancanza di un conservatorio a Varese ha radici antiche. Io credo che in parte la responsabilità vada ricondotta agli anni di Malipiero. Per quanto io mi ricordi il Maestro era contrario all’ipotesi di un conservatorio in città. D’altra parte lui si è sempre battuto per la difesa di questa scuola che allora era di ottimo livello e che con l’arrivo del conservatorio avrebbe dovuto modificare completamente il proprio assetto (insegnanti, personale ecc). Oggi mi sembra molto difficile l’ipotesi che lo Stato investa per aprire un nuovo Conservatorio. Anche perché in generale, mi pare che la politica del ministero vada verso un contenimento della spesa pubblica… Si potrebbe optare più realisticamente per l’apertura di una sezione staccata».

Varese in tutti i settori esporta personaggi di rilievo. Nel mondo musicale oggi chi la rappresenta bene?

«La nostra provincia ha delle belle realtà corali e molti musicisti appassionati. Alcuni di loro stanno facendo anche una bella carriera… Roberto Plano, per esempio».

Ci sono molti giovani che tentano l’avventura? Da che cosa è atteso chi vuole diventare professionista come interprete o compositore soprattutto nella musica classica?

«Ci sono molti giovani che vorrebbero tentare l’avventura ma sono spaventati dalle troppe incognite che li attendono. C’è però un cambiamento in atto che potrebbe ridare linfa vitale a un settore un po’ in difficoltà. Mi riferisco alla riforma della scuola che introduce i Licei Musicali Coreutici e alla riforma dei conservatori. Ma siamo ancora nel pieno del cambiamento e molti sono i lati oscuri. Aspettiamo di vedere come evolve la situazione…»

La musica classica, la lirica nella formazione culturale di un giovane quali ricadute possono avere?

«La musica classica è stata e dovrebbe tornare ad essere un tassello fondamentale nella formazione culturale delle persone. A scuola si studiano le poesie dei Trovatori e dei Trovieri ma non la loro musica, il Tasso e l’Ariosto ma non i madrigali composti sui loro testi, il mito d’Orfeo ma non Monteverdi, il romanticismo ma non la musica romantica (cioè la più importante fra tutte le arti a detta degli stessi protagonisti del romanticismo). Una scuola così è una scuola monca.
A dirla tutta, molte persone “di cultura” ammettono candidamente di non aver mai sentito un’opera di Verdi o un quartetto di Mozart, sicuri del fatto che tali carenze siano tutto sommato giustificabili dalla diffusa ignoranza in materia. Nessuno di loro ammetterebbe, invece, di non aver mai letto i Promessi Sposi. Questa situazione è frutto di precise responsabilità. Francesco De Sanctis e più tardi Croce e Gentile non amavano particolarmente la musica, o comunque non la ritenevano fondamentale nella formazione dell’individuo.
L’hanno perciò eliminata dagli ordinamenti scolastici. Così abbiamo avuto intere generazioni di studenti per i quali la musica si fermava allo studio del flauto in terza media! Oggi si vedono segnali di cambiamento anche perché si è finalmente capito che la musica e il teatro sono forme espressive irrinunciabili e permettono una più completa comprensione della cultura e della società del passato».

Come fare musica oggi nelle scuole, nelle Università? Ci sono esempi da seguire? L’Italia in Europa a che livello è nella formazione musicale?
«L’istituzione di cori e orchestre studentesche è un buon primo passo. Ce ne sono nelle università europee e anche in Italia (a Milano, per esempio). Come dicevo l’Italia ha impresso fortissimi cambiamenti allo studio musicale negli ultimi anni. Ma è ancora presto per vederne i risultati».

Fonte: http://www3.varesenews.it/tempo_libero/articolo.php?id=44479
 
       
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